Cassazione Civile, Ordinanza Sez. VI - n. 20213/2015 del 08/10/2015
Il credito vantato dall’Agente della riscossione si prescrive nel termine breve di cinque anni, ex art. 2948 c.c. qualora, nell’eventuale giudizio instaurato dal contribuente per far valere tale termine prescrizionale, l’Agente della riscossione non chiami in causa l’Ente creditore, ovvero non presenti in giudizio titoli di accertamento definitivi o sentenze passate in giudicato da cui emergerebbe la propria pretesa creditoria.
Con l’ordinanza n. 20213, depositata in data 8 ottobre 2015, i Giudici della Corte di Cassazione (sez. VI civile) hanno affrontato nuovamente la questione relativa alla prescrizione da applicare ai crediti erariali (fiscali e contributivi/previdenziali) pretesi dall’Agente della riscossione, ossia se quella quinquennale prevista ai sensi dell’art. 2948 c.c. o quella decennale di cui all’art. 2946 c.c.
L’ordinanza in commento nasce da un ricorso, presentato dall’Agente della riscossione, in merito ad una decisione della CTR di Catanzaro, che aveva respinto l’appello proposto dall’Agente in merito alla decisione della CTP di Cosenza, la quale aveva accolto il ricorso presentato da un contribuente avverso avvisi di mora notificati a seguito dell'omesso pagamento di cartelle relative a TARSU-TIA per gli anni dal 1998 al 2004. La Commissione di primo grado aveva accolto il ricorso del contribuente sul presupposto che fosse intervenuta la prescrizione quinquennale (ex art.2948 cod. civ) del potere esattivo dell'imposta (alla luce del fatto che i ruoli apparivano tardivamente consegnati all’esattore) per quanto fossero state poi effettivamente notificate le cartelle di pagamento e la CTR adita in appello ha motivato la propria decisione nel senso che "contrariamente a quanto dedotto dall'appellante ....si applica alla fattispecie in esame la norma di cui all'art.2948 e non quella di cui all'art.2946 del codice civile”.
Con il ricorso presentato in Cassazione, l’Agente della riscossione sosteneva l’errata applicazione della norma da parte dei Giudici di merito in quanto la cartella di pagamento, che è titolo esecutivo, gode della prescrizione ordinaria (decennale) di cui all’art. 2946 c.c.
Con stringata motivazione, i Giudici della Consulta hanno invece confermato la decisione dei giudici di merito, stabilendo che:
“[…]la giurisprudenza che la parte ricorrente ha valorizzato in ricorso a proposito della applicabilità del termine di prescrizione ordinaria è tutta riferibile a titoli di accertamento condanna (amministrativi o giudiziari) divenuti definitivi, non già invece a cartelle esattive che -se adottate in virtù di procedure che consentono di prescindere dal previo accertamento dell'esistenza del titolo- non possono per questo considerarsi rette dall'irretrattabilità e definitività del titolo di accertamento e ripetono la loro legittimità (sotto il profilo della tempestività della procedura di notifica alla parte destinataria) dalla legge che le regola. Non vi è perciò dubbio sul fatto che - per poter postulare l'applicabilità alla specie di causa del termine di prescrizione decennale - la parte ricorrente avrebbe dovuto indicare l'esistenza di un titolo definitivo a pretendere, antecedente all' emissione delle cartelle, di cui non è stata fatta menzione alcuna.
Pertanto, si ritiene che il ricorso può essere deciso in camera di consiglio per manifesta infondatezza.”
I Giudici di legittimità, confermano quindi l’orientamento dei giudici di merito in base al quale, per avvalersi della prescrizione ordinaria (decennale) di cui all’art. 2496, l’Agente della riscossione è tenuto a presentare in giudizio il titolo definitivo da cui origina la pretesa creditoria, ossia il provvedimento di accertamento o la sentenza passata in giudicato, sulla scorta del quale il ruolo è stato emesso.
D’altra parte, l’art.39 (Chiamata in causa dell’Ente creditore) del D.lgs. n.112 del 13 aprile 1999, a proposito di legittimazione passiva a stare in giudizio, stabilisce che:
“Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”.
La mancata chiamata in causa dell’Ente creditore, ovvero la mancata produzione da parte dell’Agente di riscossione dei titoli di accertamento definitivi o delle sentenze passate in giudicato da cui emergerebbe la propria pretesa creditoria, giustifica quindi l’applicazione della prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c. in luogo della ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946.