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Jun 22, 2016 |
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Corte di Cassazione, sez I Civile, sentenza n. 12965 del 22 giugno 2016

Con un’articolata sentenza, i giudici della Suprema Corte di Cassazione hanno stabilito che la clausola contenuta nei contratti di apertura di credito in conto corrente, da correggere solo mediante l’astratta affermazione del diritto alla restituzione del supero delle soglie in capo al correntista, è nulla ex articolo 1344 c.c., perché tesa ad eludere il divieto di pattuire interessi usurari, previsto dall’articolo 1815 c.c., comma 2, regola applicabile per tutti i contratti di finanziamento. Per i Giudici della Suprema Corte è poi da censurare l’assimilazione delle CMS agli interessi per la verifica del TEG in un conto corrente nel periodo antecedente alla entrata in vigore della L.2/2009.

La sentenza in commento, si articola su tre motivi di ricorso, presentato dalla Banca, soccombente nei due gradi dei giudizi di merito.

  1. Con il primo motivo del ricorso, la Banca deduceva la violazione di legge, quanto agli articoli 1372, 1322, 1418, 1343 e 2033 c.c., oltre che il vizio di motivazione, laddove il Giudice di merito, non riconoscendo l’operatività della clausola contrattuale che riconduceva le condizioni economiche del rapporto ai limiti interni ai tassi soglia al momento della chiusura del medesimo, ne ha negato la portata conservativa pur se voluta dalle parti, errando anche ove è stata valorizzata la dazione dei supposti maggiori interessi come motivo di nullità della clausola.
  2. Con il secondo motivo il ricorrente deduceva la violazione di legge, quanto all’articolo 1815 c.c., articolo 14 preleggi, articolo 1418 c.c., oltre che il vizio di motivazione, avendo a suo dire il tribunale erroneamente esteso la norma di azzeramento degli interessi anche a contratti diversi dal mutuo, secondo un’interpretazione censurabile della eccezionalità della norma.
  3. Con il terzo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge, quanto all’articolo 644 c.p., L. n. 108 del 1996, articoli 1 e 2, oltre che il vizio di motivazione, avendo errato il tribunale includendo la CMS in un coacervo di elementi non considerati nel diverso metodo di calcolo fornito dalla Banca d’Italia.

In risposta ai primi due motivi, esaminati congiuntamente, la Corte ha respinto il ricorso della Banca, stabilendo che è nullo, in quanto in frode alla legge ex art. 1344, il patto volto a riconoscere al correntista il diritto alla restituzione degli interessi addebitati oltre le soglie di usura di cui all’art.2 L.108/96, in caso di superamento delle stesse, in quanto così facendo si eluderebbe il divieto imperativo alla promessa di interessi usurari posto dall’art. 1815 c.c. La norma sancita dall’art. 1815 c.c. (divieto di superamento delle soglie di usura e relativa sanzione) è del resto applicabile, come ribadito dai Giudici della Suprema Corte, a qualsivoglia rapporto di finanziamento.

 “[…] Non può instaurarsi alcuna differenza tipologica fra un contratto che preveda o anche solo consenta il superamento del tasso usurario ed un altro che, in astratto, ne ipotizzi la riconduzione al limite legale, ma già in concreto ometta di restituire una sua costante sensitività al predetto principio[…]come se davvero lo spostamento sul diritto di restituzione, e il conseguente rinvio alla legittimazione attiva in capo al correntista, potessero far mutare di segno al contratto[…]risultato, per tali ragioni, diretto ad eludere una norma imperativa, dunque nullo perché comunque in frode alla legge ai sensi dell’articolo 1344 c.c.[…]Può dunque enunciarsi il principio per cui la clausola contenuta nei contratti di apertura di credito in conto corrente, che preveda l’applicazione di un determinato tasso sugli interessi dovuti dal cliente e con fluttuazione tendenzialmente aperta, da correggere con sua automatica riduzione in caso di superamento del cd. tasso soglia usurario, ma solo mediante l’astratta affermazione del diritto alla restituzione del supero in capo al correntista, è nulla ex articolo 1344 c.c., perché tesa ad eludere il divieto di pattuire interessi usurari, previsto dall’articolo 1815 c.c., comma 2, per il mutuo, regola applicabile per tutti i contratti che prevedono la messa a disposizione di denaro dietro una remunerazione.”

In risposta al terzo motivo, stabiliscono i Giudici della Suprema Corte che, nella verifica dell’usurarietà dei tassi effettivi globali applicati dalla Banca, non si debba tenere conto della cms fino all’entrata in vigore della L. n. 2 del 2009, ovvero se ne debba tener conto, paragonando tuttavia la loro entità a quella della c.m.s. “media” (e non al TEGM) rilevata da Banca d’Italia, per via del fatto che, fino appunto alla entrata in vigore della L. n.2 del 2009, la Banca d’Italia ha sempre escluso dal computo del TEGM la cms.

“[…]Ogni eccedenza della CMS in concreto praticata rispetto alle entità massime fissate pro tempore dalle Istruzioni della Banca d’Italia, non realizza pertanto di per se’ un fattore rilevante al fine del superamento del tasso-soglia usurario, trattandosi di elemento diverso – nella fattispecie storica e perciò – non calcolabile nel medesimo coacervo di fattori di costo; pertanto l’eventuale usurarieta’ del rapporto bancario puo’ conseguire solo da una giustapposizione che, assumendo dal valore percepito di periodo la CMS e riscontratane in ipotesi il superamento di percentuale rispetto a quella massima, vada ad aggiungere tale costo improprio e non dovuto all’interesse propriamente detto, verificando se, per tale via, non sia stato superato in modo indiretto il tasso-soglia per aver questo cosi’ oltrepassato lo spread del TEGM, addizionandosi ad un costo che, nella singola vicenda di finanziamento, abbia tuttavia operato non come CMS bensi’ come remunerazione sostanzialmente coincidente con l’interesse[…]”

E’ da notare come, su quest’ultimo punto, la Corte smentisca se stessa: in una precedente pronuncia infatti, la stessa Corte di Cassazione ha ritenuto che “la natura e la funzione della commissione non si discosta da quella degli interessi anatocistici, essendo entrambi destinati a remunerare la banca dei finanziamenti erogati” (Cass. 4518/2014).

Download allegati: Corte di Cassazione, sez I Civile, sentenza n. 12965 del 22 giugno 2016

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